1. Le tecnologie degli impianti di demineralizzazione a scambio ionico
1.1. La rigenerazione in equicorrente
Il più semplice impianto a scambio ionico si compone di due colonne, nelle quali sono installate una resina cationica forte e una resina anionica forte che vengono attraversate in senso discendente dall’acqua che subisce il trattamento. Le due resine sono rigenerate rispettivamente con acidi (HCl o H2SO4) ed alcali (NaOH).
In questi impianti, per evidenti ragioni di semplicità, la rigenerazione avviene iniettando i rigeneranti nello stesso senso dell’esercizio. Questa tecnologia tuttavia implica che gli ioni scambiati durante la fase di esercizio vengano “spinti” dai rigeneranti attraverso gli strati più bassi dei letti di resina, e cioè attraverso la resina ancora attiva (in quanto non completamente saturata durante l’esercizio). La resina attiva tende a trattenere gli ioni con cui viene in contatto, esaurendosi di conseguenza, e richiederà pertanto ulteriori quantità di rigenerante per essere riattivata. Se ne deduce che, per completare in maniera soddisfacente questo processo di rigenerazione, deve essere impiegato un notevole eccesso di prodotti chimici (normalmente dal 250 al 500% dello stechiometrico scambiato). Ciononostante, gli strati più bassi del letto di resina rimangono inevitabilmente contaminati da tracce di ioni indesiderati: il risultato sarà una qualità non ottimale dell’acqua trattata nel successivo ciclo di esercizio.
Per meglio illustrare le conseguenze di una rigenerazione non ottimale possiamo considerare una delle reazioni tipiche della fase di esercizio: in particolare, su una resina cationica forte, un processo di scambio del tipo
2 R-H + CaCl2 R2-Ca + 2 HCl
libera dell’acidità che, in una certa misura, esercita un effetto rigenerante sulla parte di resina con cui viene successivamente a contatto: in altre parole questa acidità è in grado di liberare dalla resina gli ioni eventualmente presenti su di essa a causa di un imperfetta precedente rigenerazione; l’effetto “autorigenerante” è tanto più marcato quanto più elevata è la concentrazione di anioni di acidi forti (EMA) nell’acqua grezza. Naturalmente gli ioni più facilmente rilasciati sono quelli per i quali la resina stessa possiede una minore affinità, ovvero gli ioni sodio: da qui il cosiddetto fenomeno della fuga sodica che determina notevoli ripercussioni sul funzionamento dell’intera linea di demineralizzazione.
Infatti, il sodio presente nell’acqua decationizzata determinerà la formazione di una corrispondente quantità di NaOH dopo il passaggio attraverso le resine anioniche forti (che hanno scambiato tutti gli anioni con OH-): ancora una volta l’effetto prodotto sarà una parziale “autorigenerazione” delle resine anioniche, effettiva in modo particolare nei confronti della specie più debolmente legata alle resine stesse, ovvero la silice.
Di conseguenza, la fuga sodica dal filtro cationico determina proporzionalmente una fuga di silice dal filtro anionico, con un’evidente deterioramento complessivo della qualità dell’acqua trattata.
1.2. La rigenerazione in controcorrente
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, appare evidente che un sensibile miglioramento qualitativo dell’acqua prodotta non può prescindere da una rigenerazione in controcorrente delle resine. Quest’ultima viene effettuata iniettando i rigeneranti in senso opposto a quello dell’esercizio: in questo modo la resina situata nella parte terminale del letto non viene mai completamente esaurita, venendo investita sempre e solo da rigenerante fresco, il che assicura una sua perfetta rigenerazione e la pressoché completa eliminazione dei fenomeni di fuga sodica e di corrispondente fuga di silice. Non meno importante, la quantità di rigeneranti impiegata può essere sensibilmente ridotta con evidenti benefici in termini di risparmio economico e di tutela ambientale.
Condizione necessaria per il successo della rigenerazione in controcorrente è però che il letto di resina non si fluidizzi a causa del flusso ascendente dei rigeneranti: a questo scopo si deve opportunamente prevedere un flusso di contropressione, con acqua o con aria che vengono appositamente introdotte dalla sommità della colonna ed evacuate da un collettore posizionato appena sopra il letto di resina attiva.
Questa tecnologia di rigenerazione è oggi definita “controcorrente standard” e consente risparmi di prodotti chimici dell’ordine del 30-40% oltre ad una significativa riduzione delle acque di servizio.
Gli impianti rigenerati in controcorrente hanno nel tempo sostituito i tradizionali sistemi in equicorrente, e oggi rappresentano la maggioranza delle grosse installazioni presenti presso le centrali termiche e termoelettriche del nostro paese.
1.3. Ulteriori evoluzioni
Ai giorni nostri le richieste delle realtà industriali hanno portato ad ulteriori sviluppi dei processi a scambio ionico con rigenerazione in controcorrente: il perseguimento dell’obiettivo di una qualità sempre più elevata dell’acqua demineralizzata a fronte della riduzione sia dei costi di installazione sia, soprattutto, dei costi operativi ha focalizzato l’attenzione dei produttori di resina e delle società di ingegneria impiantistica su due aspetti cruciali:
a) la scelta di resine con la massima efficienza operativa
b) l’adozione di tecnologie impiantistiche che consentano di sfruttarne al meglio le potenzialità.
2. Le resine più efficienti: la granulometria uniforme
Storicamente, la dimensione delle perle di resina è sempre stata compresa fra 0,3 e 1,2 mm. Il motivo di tale scelta è stato puramente tecnologico: se da un lato era impossibile produrre perle più grosse, un’eccessiva presenza di perle più fini avrebbe creato notevoli problemi di perdite di carico. La produzione del copolimero infatti avviene in sospensione acquosa, sotto agitazione, e l’unica tecnologia per anni disponibile ha permesso di produrre solo perle di tale dimensione. Resine con granulometrie diverse, per applicazioni particolari, erano normalmente ottenute per vagliatura del copolimero o della resina.
In anni recenti, sono state messe a punto nuove tecniche di polimerizzazione, denominante “jetting” e “seeding”, che hanno permesso di produrre resine con granulometria decisamente più uniforme. Non entreremo nel merito delle due tecniche, peraltro profondamente diverse, basti sapere che il “jetting” è una tecnologia innovativa ma poco flessibile, che permette teoricamente di ottenere perle di copolimero della stessa dimensione nominale, e di conseguenza perle di resina tutte molto simili le une alle altre, mentre il “seeding” è una tecnologia più consolidata, che permette di ottenere resine con un buon grado di uniformità, praticamente di qualsiasi dimensione, forse leggermente meno uniformi delle altre, ma non per questo meno valide.
La distribuzione granulometrica ed il diametro medio di una resina influenzano in modo diverso le sue prestazioni. Di fatto, una granulometria uniforme ed un diametro medio spostato verso i valori bassi influenzano positivamente le prestazioni operative. Non perché una resina “fine” o “uniforme” abbia una maggiore capacità di scambio, ma perché durante l’esercizio, quando la cinetica di reazione è controllata dalla diffusione degli ioni attraverso il film di liquido presente sulla superficie delle perle, la maggior superficie disponibile accelera il processo, mentre durante la rigenerazione, in presenza di concentrazioni elevate di prodotti chimici (rigeneranti), quando la cinetica di reazione è controllata dalla diffusione degli ioni all’interno delle perle, la minor distanza dei gruppi di scambio dalla superficie, rende il processo più veloce ed efficiente.
Tutto questo si traduce nella possibilità di ottenere capacità operative più elevate ed una migliore qualità dell’acqua trattata, con un minor consumo di rigeneranti e di acque di lavaggio. Per le resine anioniche, un ulteriore vantaggio è rappresentato da una migliore resistenza all’inquinamento organico.
Un altro vantaggio delle resine a granulometria uniforme è quello di offrire, a parità di diametro medio, una minore resistenza al passaggio dei fluidi e quindi di provocare perdite di carico inferiori. Vedendo il problema da un’angolatura leggermente diversa, si potrebbe anche dire che le minori perdite di carico di una resina a granulometria uniforme permettono di impiegare una resina con diametro medio inferiore, sfruttando appieno i vantaggi di cui si è già parlato.
3. Gli impianti più efficienti
Le resine a granulometria uniforme presentano come si è visto degli indubbi intrinsechi vantaggi; tuttavia questi vantaggi si possono capitalizzare se e solo se l’impianto destinato ad impiegare le resine è progettato, costruito e gestito in modo tale da poter sfruttare appieno questo tipo di resine.
Le tecnologie impiantistiche attualmente disponibili consentono in effetti di raggiungere l’obiettivo di massima efficienza di un processo a scambio ionico: impianti di nuova concezione come quelli a letto compatto, a loro volta derivati dai filtri a letto flottante, rappresentano il punto di arrivo dello sviluppo di questi ultimi anni.
3.1. Impianti a letto flottante
Gli impianti a letto flottante sono l’espressione di una concezione per certi versi rivoluzionaria dei processi a scambio ionico: in questi impianti infatti per la prima volta si assiste ad un inversione dei sensi di flusso di esercizio e rigenerazione, dal momento che l’esaurimento della resina avviene alimentando un flusso ascendente di acqua.
All’interno della colonna la resina, a granulometria altamente selezionata, è compresa fra due piastre ad ugelli; a protezione dei sistemi di distribuzione superiori è inoltre presente un polimero inerte galleggiante, normalmente in forma di cilindretti di materiale plastico.
L’esercizio avviene, come già evidenziato, in senso ascendente a velocità tali da mantenere il letto di resina sollevato e compattato nella parte alta dello scambiatore, mentre la rigenerazione avviene ovviamente in controcorrente, in questo caso in senso discendente.
E’ importante considerare che, per classificazione idraulica, le perle più fini di resina vengono a trovarsi nella parte alta del letto, ovvero l’ultima ad essere attraversata dall’acqua nella fase di esercizio: ciò significa che la resina più efficiente (in relazione alla granulometria, per le ragioni esposte in precedenza) è posizionata proprio nella sezione di letto determinante ai fini della qualità dell’acqua trattata.
Il sistema a letto flottante elimina inoltre la necessità della contropressione idraulica o ad aria, indispensabile invece negli impianti tradizionali rigenerati in controcorrente, con evidenti semplificazioni impiantistiche ed operative, che nei fatti si ripercuotono in un miglioramento ulteriore della qualità dell’acqua prodotta.
3.2. Impianti a letto compatto
Gli impianti a letto compatto rappresentano il punto più elevato raggiunto nel processo di ottimizzazione impiantistica, nel solco degli innovativi concetti proposti dagli impianti a letto flottante. Mantenendo infatti le stesse impostazioni idrauliche del letto flottante, essi prevedono un riempimento pressoché totale delle colonne con resina a granulometria uniforme: lo spazio libero (il cosiddetto “freeboard”) è limitato allo stretto necessario per consentire il fisiologico rigonfiamento delle resine.
La perfetta distribuzione dei rigeneranti, cruciale per ottenere la migliore efficacia rigenerativa, è assicurata da speciali ugelli inseriti nella piastra superiore, nonché dalla presenza del polimero inerte galleggiante; i rigeneranti vengono inoltre immediatamente a contatto con la resina, senza indesiderate diluizioni dovute alla campana d’acqua che in un impianto tradizionale, ed in misura minore in un letto flottante, sovrasta il letto attivo.
Il lavaggio delle resine viene effettuato con una prima fase di “spostamento” dei rigeneranti (o lavaggio lento) prolungata al fine di consentire l’effettuazione a ricircolo del successivo lavaggio finale.
E’ peraltro doveroso sottolineare che gli impianti a letto compatto non consentono in alcun modo l’effettuazione del controlavaggio delle resine all’interno alle colonne di esercizio, mancando lo spazio fisico necessario per questa operazione. Se da un lato la rinuncia al controlavaggio rappresenta un ulteriore risparmio di acqua, dall’altro impone la necessità di alimentare all’impianto un’acqua perfettamente filtrata, prevedendo in ogni caso la possibilità di controlavare occasionalmente le resine in serbatoi esterni appositamente predisposti.
Il flusso ascendente, che mantiene il letto sollevato e compatto, deve inoltre essere mantenuto per tutta la fase di esercizio, inserendo una pompa di ricircolo qualora non vi sia sufficiente richiesta d’acqua da parte dell’utenza. È vitale infatti che il letto di resina non subisca perturbazioni che possono compromettere qualità e quantità dell’acqua trattata.
Una corretta progettazione e gestione del sistema consentono in ogni caso di raggiungere con questo tipo di impianti uno straordinario grado di efficienza, immediatamente evidente considerando:
- la qualità dell’acqua demineralizzata prodotta, caratterizzata da valori di conducibilità elettrica anche inferiori a 0.5 - 0.6 mS/cm.
- la fortissima riduzione dei volumi di acque di servizio e, conseguentemente, degli eluati di rigenerazione: 5 BV sono generalmente sufficienti per un’ottima rigenerazione delle resine.
- il consumo di rigeneranti, il cui eccesso rispetto allo stechiometrico scambiato si limita al 50% nel caso delle resine cationiche forti ed al 100% nel caso delle anioniche forti.
3.3. Revamping a letto compatto di impianti esistenti
Una tipologia particolare di letto compatto può essere impiegata anche il “revamping” (ammodernamento e miglioramento dell’efficienza) di impianti esistenti, inizialmente progettati per una rigenerazione in equicorrente. In questi casi si sfruttano le colonne esistenti dotandole di una piastra ad ugelli o di un distributore/collettore a bracci superiore, riempiendole completamente con resine a granulometria uniforme e polimero inerte.
Al fine di ridurre l’entità dell’intervento di modifica è generalmente preferibile mantenere il senso di flusso discendente inizialmente previsto per l’esercizio, mentre la rigenerazione sarà predisposta in controcorrente in senso ascendente: in questo caso il letto di resina dovrà rimanere sollevato e compattato contro il collettore superiore in fase di rigenerazione. Ciò richiede l’adozione di una fase di “compattazione” a portata decisamente elevata (30 – 33 m/h) prima dell’iniezione del rigenerante, che comunque dovrà essere condotta ad una portata sufficiente al sostentamento del letto.
Sebbene la gestione di un sistema così concepito risulti in una certa misura più complessa rispetto quella dei letti compatti con flusso ascendente in fase di lavoro (ad esempio è necessario accettare soluzioni di compromesso relativamente alle concentrazione dei rigeneranti e ai tempi di contatto), l’operazione di “revamping” consente l’ottenimento di notevolissimi vantaggi. Infatti, il passaggio alla rigenerazione in controcorrente determina, per quanto già evidenziato in precedenza, un netto miglioramento della qualità dell’acqua trattata a fronte di una contemporanea riduzione dei consumi di rigenerante ed acque di servizio. Inoltre, la trasformazione in letto compatto consente
l’installazione di quantità considerevolmente superiori di resina nelle medesime colonne, aumentando proporzionalmente la capacità produttiva dell’impianto stesso.
EQUI-CORRENTE
CONTRO-CORRENTE
STANDARD
LETTO FLOTTANTE
LETTO COMPATTO
Granulometria resine
Standard
Standard
Selezionata
Uniforme
Conducibilità acqua trattata
< 10 mS/cm
< 2 mS/cm
< 1 mS/cm
< 0.5 mS/cm
Consumo rigenerante
80 – 100 g
rig.100% / litro resina
55 – 70 g
rig.100% / litro resina
50 – 65 g
rig.100% / litro resina
50 – 65 g
rig.100% / litro resina
Consumo acqua servizi
10 – 12 BV
7 – 9 BV
5 – 6 BV
4 – 6 BV
4. Confronto con tecnologie alternative
Se in passato i processi a scambio ionico sono stati i sistemi di gran lunga più efficienti per la produzione di acqua demineralizzata, oggi nuove interessanti tecnologie si sono affacciate sul mercato e hanno conquistato il favore degli utilizzatori in vari campi di applicazione. Il riferimento è d’obbligo agli impianti ad osmosi inversa che, tramite l’impiego di speciali membrane e l’applicazione di elevate pressioni, consentono la rimozione della maggior parte delle specie ioniche dall’acqua.
“Lo scambio ionico è una tecnologia obsoleta”, “Il futuro della demineralizzazione è nei processi ad osmosi inversa”: sono affermazioni diffuse ma, al di là di interessi commerciali particolari, sono anche veritiere?
Indubbiamente i processi che sfruttano il principio dell’osmosi inversa presentano una serie di vantaggi, che brevemente possiamo così riassumere:
- eliminazione dei prodotti chimici per la rigenerazione
- trattamento degli scarichi generalmente non necessario
- produzione continua di acqua a bassa salinità
- semplicità di gestione
Tuttavia, rispetto ai sistemi a scambio ionico ed in particolare alle tecnologie a letto compatto, non possiamo non considerare:
- costi di installazione superiori
- consumi energetici molto elevati
- produzione di acqua non completamente demineralizzata, che richiede ulteriori affinamenti (ad esempio con resine a scambio ionico su letti misti di lavoro) prima di essere alimentata ai generatori di vapore
- spreco di notevolissime quantità d’acqua come concentrato di scarto
- necessità di sistemi di pretrattamento dell’acqua influente, spesso complessi e con elevati consumi di prodotti chimici pregiati e costosi quali anti-incrostanti e condizionanti.
- rischio di blocco della produzione di acqua in caso di deterioramento delle membrane
- elevati costi di sostituzione delle membrane.
Sebbene siano noti diversi studi in materia, è chiaramente difficile stabilire a priori se sia più o meno conveniente l’installazione di un impianto di trattamento acque a scambio ionico o ad osmosi inversa, anche perché la salinità e la composizione dell’acqua grezza disponibile giocano un ruolo cruciale in queste valutazioni: in linea generale è noto che i processi a scambio ionico sono tanto più convenienti quanto più bassa è la salinità iniziale dell’acqua.
Non dobbiamo tuttavia dimenticare che numerosi altri aspetti condizionano l’economicità dei due processi: soltanto a titolo di esempio, la possibilità di uno scarico in mare influenza in maniera decisamente positiva i costi di trattamento degli eluati (importanti per un impianto a scambio ionico), mentre le richieste a livello di pretrattamento di un impianto ad osmosi inversa possono talvolta arrivare a renderne assai poco vantaggioso l’utilizzo.
In definitiva, ciò che possiamo affermare è che i processi a scambio ionico con tecnologie a letto compatto di ultima generazione sono estremamente competitivi anche a confronto con i più moderni sistemi di trattamento acque, mentre sicuramente si fanno preferire per l’affidabilità e la versatilità che da sempre contraddistinguono le resine scambiatrici di ioni.
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